Un paese, 45 frazioni e 5 località: questo è Montù Beccaria, con il suo territorio fra i più compositi della Valle Versa. La densità abitativa (110,5 abitanti al km2 per un totale di 1712 abitanti – fonte: Istat, gennaio 2012) fornisce un dato statistico medio che va interpretato: in realtà, alcune delle frazioni di Montù Beccaria hanno una forte densità abitativa, tale da poter essere considerate dei veri e propri piccoli paesi, anche se non capoluogo. La quantità di luoghi abitati, cascine sparse comprese, è un forte segnale di quanto antica sia la storia di Montù, toponimo già presente nel Diploma dell’Imperatore Federico Barbarossa del 1164 come “Mons Acutus”.L’altra parte del toponimo, Beccaria, deriva dai feudatari, i Beccaria appunto, che da Manfredino (XIII secolo) ad Aureliano (1589) conservarono il dominio sul territorio. Con Manfredino, la storia di Montù si intrecciò per breve tempo con quella dei Marchesi del Monferrato, in lotta contro i Visconti. Alleato prima dei Marchesi e poi dagli stessi assediato, Manfredino riuscì ad avere la meglio e a preservare castello e feudo. Il castello, che ancor oggi esiste ed sede di un’azienda vitivinicola, fu distrutto e ricostruito più volte: nel 1216, nel 1302, nel 1307 e poi, ancora, nel 1525 quando poco più in là, oltre il Po, Francesco I e Carlo V combattevano a Pavia. La storia del castello e del suo feudo sono distinte fra loro. Il feudo passò di proprietà, nel tempo, dai Beccaria ai Salimbene, dai Bellone ai Martin, che lo tennero sino all’abolizione dei privilegi feudali (1797). Il castello, invece, ebbe tutta un’altra storia. Il castello, insieme con le terre di pertinenza, rientrava infatti nei beni allodiali, ossia i beni personali del signore e che potevano essere trasmessi per testamento. Il feudo, invece, aveva un solo proprietario: l’Imperatore, che ne concedeva assegnazione e relativo titolo nobiliare. Qualora un feudatario non avesse avuto discendenza maschile, il feudo sarebbe stato incamerato, cosa che avvenne nel caso del feudo di Montù, ritornato alla Camera Ducale alla morte di Aureliano Beccaria nel 1589 e in seguito venduto, insieme con il titolo di conte, alle famiglie sopra indicate e che si susseguirono nel tempo. Nel 1589, Aureliano Beccaria destinò in eredità il castello e 6.000 pertiche di terreno ai Padri Barnabiti perché nella fortezza creassero un convento e una farmacia, oltre a occuparsi dell’assistenza di persone bisognose. La motivazione che stava alla base del testamento è riconducibile al periodo vissuto da Aureliano nel 1587 presso i Barnabiti di Padova, che lo accolsero di ritorno da un’ambasciata a Venezia e si presero cura di lui, infermo per un attacco di calcolosi biliare, al tempo definito “mal della pietra”. La riconoscenza di Aureliano fu talmente grande da destinare ai Padri il suo possedimento più prezioso. La farmacia dei Padri Barnabiti di Montù si fondava sui saperi del tempo, quindi soprattutto sull’uso di piante ed erbe, e divenne ben presto un punto di riferimento per tutta la zona, godendo di un grande prestigio per la scientificità e l’efficacia di metodi e medicamenti. Il convento diventò poi, dal 1604, anche un collegio. Ma tutto ciò rischiò di non verificarsi a causa di una donna. La donna in questione si chiamava Lucrezia ed era la figlia di Aureliano. Alla morte del padre, la giovane, che già in precedenza aveva dato segnali di particolare indipendenza ai voleri paterni , pur avendo ricevuto vari possedimenti in eredità fra terre e manieri Beccaria, impugnò il testamento che favoriva i Barnabiti e ordì un attacco armato ai danni degli occupanti il castello: nella notte del 9 dicembre 1590, 60 uomini irruppero nella fortezza e scacciarono i frati. La diatriba fra Lucrezia e i Barnabiti proseguì per alcuni anni, finché questi ultimi riuscirono a tornare nel castello (1604). Aureliano resta il nome più importante nella storia di Montù, tanto che la via che portava al castello e si chiamava un tempo Campana è a lui intitolata; la sua lapide funebre, prima collocata per sua volontà nel castello, si trova ora nella chiesa parrocchiale. Dal 1808, con l’allontanamento dei Barnabiti, il castello divenne proprietà privata. Ma porta ancora ben distinguibili i segni architettonici del suo passato di guerra, di preghiera e di studio. E non a caso oggi è sede di un’azienda di vini, in uno dei paesi più vocati per questa produzione in Oltrepò, in procinto di inaugurare anche un’enoteca per esposizione ed assaggi dei vini dell’Oltrepò made in Montù.
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