UOMINI E PIANTE
STORIA DI UN INCONTRO
Pellizza da Volpedo nel suo quadro l’uomo che taglia i sars ci tramanda uno dei gesti contadini che ben rappresentano il mondo rurale d’Oltrepò. Possiamo vedere, nelle vigne o lungo i fossi che le attraversano, salici fatti crescere alti, modellati con potature e legature che gli danno, anno dopo anno, una forma di “gabbia”. Chi taglia i rami di salice (per lo più uomini) non sale sulla pianta ma “ci entra”; appoggiandosi con il bacino può mantenere l’equilibrio anche utilizzando le mani per la raccolta. Queste imponenti sculture arboree ci raccontano della storia di un incontro tra uomini e piante, così come ha preso forma, nel tempo generazionale, sulle colline d’Oltrepò.
I GESTI DEL SALICE
L’uso del salice in vigna traccia un confine tra forme di viticoltura intensiva fatta da gesti operai e pratiche di agricoltura contadina che invece richiedono un periodo di apprendistato per essere eseguite con maestria. L’abilità nell’uso del salice consiste nell’adattare la tecnica di nodo quanto le dimensioni del ramoscello al fine specifico. Durante la mondatura inizia la prima cernita dei salici in base allo scopo: i più sottili sono usati per spianare o fare la vite (fissare la vite al ramino); quelli più grossi, spesso divisi in due o in quattro, servono a legare la carassa (tronco della vite) o il ramino al palo; gli strop (troppo grossi e che altrimenti rimarrebbero inutilizzati) sono usati per tenere assieme le diverse fascine di salici e per portarle dal campo a casa, oppure per portare fuori dalla vigna la legna raccolta durante la potatura.
I TEMPI DELLA VIGNA
I salici scandiscono le stagioni lavorative in vigna. Si colgono quando si si pota la vite, nel periodo tra la caduta delle foglie dalle piante e la fine dell’inverno. Una volta colti vengono lasciati a mollo nell’acqua per mantenerli flessibili, fino a quando si finisce di potare. I primi germogli della pianta di salice sono visti dal contadino come annuncio della primavera: la pasqua venga alta o bassa la gaba ha la prima frasca. E “per Pasqua la vite deve essere fatta” ovvero i tralci della vite prima che le gemme “si gonfino” dovranno essere legati con i vinchi al ramino. Alla prima legatura ne seguono altre, tardo primaverili e d’inizio estate, che aiutano i nuovi tralci ad arrampicarsi e a far sì che non cadano sotto i peso dei grappoli che s’ingrossano.
GENERAZIONI
Nel passaggio generazionale la gaba ha preso forme nuove e altri spazi all’interno del paesaggio rurale. Il salice domestico era innestato sul salicione, il selvatico che si diffonde facilmente nelle aree umide.La sintesi arborea serviva a mantenere la flessibilità dei rami sottili del primo insieme alla vigoria quanto longevità della seconda. La gaba, in questo modo, diventava “abbastanza alta da non consumare terreno” (che poteva essere coltivato tutt’intorno).Le nuove generazioni di agricoltori preferiscono riprodurre i salici per talea: è una pianta talmente feconda che bisogna stare attenti che i pali in vigna non diventino alberi d’estate! Basta mettere un ramo in terra che l’anno successivo diventa già una pianta produttiva. Sono diventate “piante usa e getta”: hanno vita breve rispetto a quelle innestate, sono usate e cambiate velocemente.
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